di Luca Cestaro[1]
Breve presentazione della carriera del magistrato del TAR e del relativo concorso
Premessa
I. Il “mestiere” del magistrato amministrativo – Le condizioni economiche – Gli incarichi extra-istituzionali – Le condizioni di lavoro – T.A.R. e Consiglio di Stato – Le prospettive di carriera – Conclusioni
II. La preparazione del concorso – I requisiti di ammissione e la valutazione dei titoli – Le prove scritte – La prova orale – Conclusioni
Premessa
Capita, talvolta, di incontrare validi funzionari, avvocati, dirigenti pubblici che, pur vivendo appieno e non senza soddisfazione la propria professione, abbiano in passato tentato il concorso in magistratura (ordinaria) senza successo. Talvolta, il “sogno” del superamento del concorso, centrale in una fase della propria vita, non si è del tutto spento. È questa una delle condizioni in cui si decide di intraprendere una nuova avventura concorsuale, particolarmente adatta a chi non è più un “fresco” laureato. Difatti, nel ‘mezzo del cammin di nostra vita’, è ben possibile cambiare professione e una delle opportunità disponibili in tal senso è quella di provare il concorso per le magistrature speciali e, in particolare, per diventare magistrato del T.A.R.
I. Il “mestiere” del magistrato amministrativo
Per effettuare una scelta consapevole è utile avere ben chiaro in cosa consista il lavoro del magistrato del T.A.R. e quali siano le condizioni di lavoro. Onde facilitare l’esposizione sarà utilizzato, come metro di paragone, il mondo della giustizia ordinaria.
Le condizioni economiche
La tabella in base a cui sono determinati gli stipendi dei magistrati amministrativi è la stessa dei magistrati ordinari, o meglio, gli importi sono gli stessi (a seguito della riforma dell’Ordinamento Giudiziario, approvata nel 2006, le tabelle sono state formalmente separate).
Cambiano, invece, i tempi della progressione in carriera a vantaggio dei Magistrati Amministrativi. Questi, infatti, partono dal livello retributivo di “magistrato di Tribunale dopo tre anni” (5 anni di anzianità in Magistratura ordinaria, continuo, per pura comodità espositiva e scusandomi per l’imprecisione, a far riferimento ai livelli retributivi precedenti alla riforma dell’O.G. del 2006/2007; oggi si fa riferimento alle corrispondenti valutazioni quadriennali di professionalità), giungono dopo 4 anni ai livelli retributivi di “Magistrato di Appello” (13 anni di anzianità in Magistratura ordinaria) e dopo 8 anni a quello di “Magistrato di Cassazione” (20 anni per i Magistrati ordinari; ora 5a valutazione di professionalità)[2].
La diversità di trattamento, peraltro, tiene conto della diversa natura dei due concorsi di accesso. Anche dopo la riforma dell’accesso alla Magistratura ordinaria, infatti, i partecipanti a tale concorso restano in prevalenza neolaureati, pur specializzati, senza esperienza lavorativa; ciò dipende tanto dal rilevantissimo numero dei posti messi a concorso (circa il decuplo dei posti messi a concorso al T.A.R.) quanto dalla minore selettività dei criteri di accesso (ad es. per gli avvocati è sufficiente la sola iscrizione all’albo per poter partecipare al concorso per diventare magistrato ordinario, mentre occorrono otto anni di iscrizione per partecipare al concorso al T.A.R.)[3]. Al concorso al T.A.R., in sostanza, partecipa chi ha già una, spesso lunga, esperienza lavorativa in altri campi (si va dai dirigenti o ufficiali delle Forze dell’ordine, ai dirigenti e funzionari dello Stato e degli enti locali sino ai molti magistrati ordinari).
Queste circostanze fanno sì che i partecipanti al concorso al T.A.R. siano molti di meno rispetto a quelli del concorso in Magistratura ordinaria e che l’età media di accesso al T.A.R. sia ben superiore rispetto a quella in cui si accede alla Magistratura Ordinaria. In particolare, l’età media dei vincitori del concorso al T.A.R. è superiore ai 40 anni: i referendari assunti nel 2018 avevano un’età media di 42 anni al momento dell’assunzione; coloro che hanno superato lo scritto nel 2021[4] hanno un’età media di circa 41 anni. L’età media dei vincitori del concorso in magistratura, pur registrando un preoccupante trend di crescita negli ultimi anni, è inferiore di 9-10 anni, attestandosi a 32 anni[5].
La retribuzione iniziale del referendario è aumentata per coloro che provengono dalle cd. “carriere equiparate” ossia principalmente la Magistratura ordinaria e l’Avvocatura dello Stato. Per costoro, è previsto un parziale riconoscimento dell’anzianità a fini retributivi a chi transiti nei ruoli dei referendari T.A.R.
A decorrere dall’entrata in vigore della L. 147/2013 è stato, invece, abolito il cd. trascinamento che garantiva ai neoassunti il mantenimento dello stipendio maturato nella carriera di provenienza (diversa da quelle equiparate di cui sopra) ove fosse superiore a quello iniziale attribuito al referendario. Va detto che l’abolizione di tale beneficio ha scoraggiato la partecipazione di alcune categorie di legittimati (e, in particolare, di chi ricopre una qualifica dirigenziale).
Gli incarichi extra-istituzionali
Non v’è dubbio che i magistrati amministrativi siano più avvezzi, in media, a svolgere incarichi extragiurisdizionali rispetto ai magistrati ordinari. Se oggi sono venuti meno, per legge, gli arbitrati (comunque, in genere riservati a una cerchia assai ristretta), restano le collaborazioni e le consulenze con le amministrazioni (centrali, per lo più) e, soprattutto le docenze.
In realtà, il fenomeno ha una certa diffusione anche tra i magistrati ordinari (ad esempio, molti di loro collaborano con il Ministero della Giustizia), solo che in quella sede si è collocati sempre (o quasi) in fuori ruolo, mentre per il magistrato amministrativo è possibile rimanere in ruolo qualora si svolgano incarichi di tipo non apicale.
Ad ogni buon conto, è più o meno equivalente la presenza di fuori ruolo presso le Amministrazioni pubbliche (in media, circa 280 su 9.000 magistrati ordinari, una quindicina su 450 Magistrati Amministrativi).
La differenza di maggiore impatto, che riguarda un numero considerevole di magistrati amministrativi, è nello svolgimento di docenze presso Università e Istituti di formazione, pratica, peraltro, non del tutto preclusa e, in effetti, praticata da molti magistrati ordinari, ma con maggiori restrizioni. In merito, occorre precisare che, negli ultimi anni, anche a seguito di alcune poco commendevoli vicende di cronaca[6], la possibilità di effettuare docenze da parte dei magistrati amministrativi è stata sottoposta a una serie di penetranti restrizioni con tanto di tipizzazione di alcuni illeciti disciplinari specificamente dedicati a chi svolge attività di insegnamento nei corsi per la preparazione ai concorsi pubblici (il dato è assai singolare in rapporto alla generale “atipicità” del sistema degli illeciti disciplinari dei magistrati amministrativi).
Le condizioni di lavoro
Le condizioni di lavoro, generalmente migliori, costituiscono un punto a favore dei magistrati amministrativi: le sedi sono situate solo in grossi centri urbani mentre i giovani magistrati ordinari vengono spediti nei luoghi più disparati del “bel Paese”; la dotazione informatica e di banche dati giuridiche è superiore; i processi sono soprattutto documentali e, quindi, le udienze –per lo più prive di attività istruttorie molto dispendiose in termini di tempo quali testimonianze ed esami delle parti- sono meno frequenti e più brevi; gli uffici della Giustizia Amministrativa, protetti, per la particolarità delle materie, dal contenzioso alluvionale assorbito dalla Giustizia ordinaria, sono di solito meglio organizzati e più efficienti.
Per quel che riguarda la quantità di lavoro, anche presso i T.A.R. si registrano carichi elevati (da sottolineare l’elevata difficoltà media delle questioni sottoposte al G.A.), ma mancano situazioni quasi ingestibili, riscontrabili in molti uffici giudiziari ordinari, soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia. Gli aspetti positivi, tuttavia, comportano il sostanziale isolamento e la staticità del lavoro del Giudice Amministrativo, impegnato quasi esclusivamente dall’attività di redazione di provvedimenti e con scarsi rapporti diretti con l’utenza; in tal senso, l’attività del magistrato ordinario è sensibilmente più dinamica.
Inoltre, la giurisdizione ordinaria è assai variegata e, quindi, a prescindere dalla possibilità di carriera per lo svolgimento di funzioni direttive e semidirettive (presidente di sezione o di tribunale, procuratore aggiunto ecc.), è sempre possibile cambiare materia, occupandosi, ad esempio, di diritto civile o di diritto penale e in veste anche sensibilmente diversa (ad es., per il diritto penale: sostituto procuratore, giudice di sorveglianza, giudice del riesame; per il diritto civile: giudice fallimentare, giudice specializzato in diritto di famiglia o del lavoro). Il magistrato del T.A.R., invece, non può cambiare materia, potendosi occupare ‘solo’ della redazione di provvedimenti nella materia del diritto amministrativo.
Infine, occorre considerare che il giudizio amministrativo è sempre collegiale: è il Presidente della Sezione ad assegnare le cause ai singoli relatori; nella magistratura ordinaria, diversamente, sono molte le funzioni monocratiche in cui il singolo giudice “gestisce” il proprio ruolo di cause.
Rispetto alle ultime due circostanze, evidentemente, non può esprimersi un giudizio in termini assoluti essendo rimessa alle preferenze individuali la valutazione di quale funzione sia più stimolante.
T.A.R. e Consiglio di Stato
Un aspetto non a tutti noto della carriera dei magistrati del T.A.R. dipende dalla peculiare struttura della G.A., “una e bina”: i Tribunali amministrativi regionali e il Consiglio di Stato sono parte di un unico sistema di Giustizia ma, in sostanza, vivono da separati in casa. L’esistenza di un concorso esterno di accesso alla Magistratura di Appello (appunto il Consiglio di Stato), aperto non solo ai magistrati T.A.R. ma anche ad alcune delle altre categorie ammesse a partecipare al concorso al T.A.R. (Magistrati ordinari, Dirigenti, Avvocati dello Stato ecc.), ha generato una divisione tra consiglieri di Stato e magistrati T.A.R. che in Magistratura Ordinaria sarebbe inconcepibile se riferita ai consiglieri di Cassazione rispetto ai Giudici impegnati nelle Corti dei precedenti gradi di giudizio. T.A.R. e Consiglio di Stato hanno diverse associazioni professionali frutto di diversi, se non contrapposti, interessi “sindacali”; rilevanti sono anche le differenze di “status”, su cui non è possibile soffermarsi in questa sede, che rendono più profondo il solco tra le due “anime” della Giustizia Amministrativa.
La situazione appena descritta è tutt’altro che priva di effetti concreti; le qualifiche di consigliere di T.A.R. e quella di consigliere di Stato, pur formalmente equiparate, comportano prospettive di carriera assai diseguali con un’obiettiva problematicità rispetto al principio costituzionale per cui i magistrati si distinguono solo per funzioni[7].
Alla base di questa diversità, c’è la separazione tra il ruolo dei magistrati del T.A.R. e quello dei magistrati del Consiglio di Stato; essa implica che, al momento del passaggio al Consiglio di Stato, il magistrato T.A.R. veda azzerarsi la propria anzianità[8]. Pur con una esperienza magistratuale di almeno dodici anni[9], il magistrato T.A.R. che approdi al Consiglio di Stato è considerato un novizio con possibilità di carriera praticamente nulle rispetto all’accesso alle Presidenze di Sezione del Consiglio di Stato. Difatti, i vincitori del concorso al Consiglio di Stato sono, di solito, più giovani (30-40 anni) di coloro che ‘transitano’ dai T.A.R. per anzianità; tanto, nel corso degli anni, ha garantito ai cd. “concorsuali” l’accesso in via pressoché esclusiva alle Presidenze di Sezione del Consiglio di stato.
Senza poter soffermarci oltre sul peculiare ordinamento della G.A., inappagante risultato del “compromesso” alla base della L. n. 186 del 1982, va detto che, negli ultimi anni, l’ “appeal” del passaggio al Consiglio di Stato per i magistrati dei T.A.R. va declinando in quanto molti preferiscono restare in primo grado per, poi, aspirare a una funzione semidirettiva presso il T.A.R. (v. infra il paragrafo successivo); tanto ha determinato un abbassamento dell’età media dei magistrati che, dai T.A.R., passano al Consiglio di Stato per anzianità. Un’ulteriore conseguenza di questo stato di cose è che chi entra giovane al T.A.R. (entro i trentacinque anni), possa aspirare a transitare – per anzianità – al Consiglio di Stato entro i cinquanta anni con qualche possibilità in più di accedere alle Presidenze di Sezione del Consiglio di Stato. Inoltre, chi transita al Consiglio di Stato conserva l’intera anzianità da consigliere (sommando, quindi, l’anzianità da consigliere di T.A.R. a quella di consigliere di Stato) per concorrere per le Presidenze di T.A.R.
La scarsa linearità di questa bizantina costruzione ordinamentale costituisce indubbiamente un elemento da valutare per chi voglia iniziare il percorso di studi per diventare magistrato amministrativo.
Le prospettive di carriera
Rispetto alla magistratura ordinaria, la carriera dei magistrati amministrativi è più lenta e ‘noiosa’, sebbene indubbiamente più tranquilla.
Uno studio interno alla categoria elaborato nel 2007, evidenziò che la media di anni di anzianità per poter aspirare a una posizione di Presidenza di Sezione, ruolo che garantisce la presidenza dei collegi giudicanti, si aggirava tra i 28 e i 35 anni dalla nomina a referendario.
Ancora oggi, per i magistrati amministrativi neoassunti, le possibilità di accesso alle funzioni direttive (id est: accesso a una Presidenza di Tribunale) e semidirettive (id est: accesso a una Presidenza di Sezione) sono molto lontane nel tempo.
In proposito, va detto che l’abbassamento dell’età pensionabile e gli aumenti dell’organico dei magistrati amministrativi disposti dagli ultimi governi potrebbero comportare un abbassamento di qualche anno dell’età a cui è possibile accedere alle funzioni semidirettive e direttive; in particolare, potrebbe essere sufficiente, a seconda della posizione nella graduatoria del proprio concorso, un periodo tra i 20 e i 25 anni.
Tanto implica che chi è nominato referendario dopo i quarantacinque anni di età potrebbe persino non accedere mai alle funzioni semidirettive.
Come si è detto, al fine di transitare al Consiglio di Stato (previa valutazione di non demerito) per anzianità – con il descritto azzeramento dell’anzianità pregressa – occorrono, al momento, circa 13-14 anni di servizio[10]
In Magistratura ordinaria, com’è noto, il gran numero degli Uffici garantisce la possibilità di aspirare a funzioni semidirettive e direttive in età non così avanzata.
Va segnalato, peraltro, un elemento di notevole differenza tra la magistratura amministrativa e la magistratura ordinaria. Si tratta dell’elemento che mi ha indotto, nelle righe precedenti, a descrivere la carriera dei magistrati amministrativi come più ‘tranquilla’: l’assenza del merito comparativo per le progressioni di carriera.
Nella Giustizia amministrativa, in particolare, non sono effettuate quelle valutazioni di “merito” comparativo che sono alla base della carriera in magistratura ordinaria: le progressioni di carriera dei magistrati amministrativi sono, infatti, governate dal criterio dell’anzianità senza demerito. Tale modalità, da un lato, rende la carriera assai poco vivace in quanto il ruolo ‘scorre’ secondo l’anzianità di ciascuno “salvo demerito” (demerito che può essere costituito, ad esempio, da provvedimenti disciplinari o dal mancato tempestivo deposito dei provvedimenti giurisdizionali); dall’altro, però, il descritto sistema evita l’opinabilità e le possibili degenerazioni cd. “correntistiche” nelle valutazioni di merito di cui si denuncia la presenza nella carriera dei magistrati ordinari (e fonte di un diffuso scontento tra i medesimi magistrati ordinari).
Conclusioni
Quanto detto, seppure fa giustizia di talune ‘leggende’ relative alla carriera dei magistrati T.A.R., intesa erroneamente come sostanzialmente priva di difficoltà da alcuni addetti ai lavori poco informati, conferma che il concorso per referendario TAR costituisce una buona alternativa anche per chi abbia una ‘storia professionale’ alle spalle. Il livello stipendiale di partenza, infatti, è discreto in quanto sono ‘saltati’ i primi livelli stipendiali dei magistrati ordinari e il lavoro, intenso ma statico e privo di rapporti con l’utenza, consente di organizzare con una certa libertà il proprio tempo.
II. La preparazione del concorso
I requisiti di ammissione e la valutazione dei titoli
Come si è accennato, il concorso al T.A.R. prevede dei requisiti di ammissione particolarmente stringenti.
Queste le categorie ammesse (dall’ultimo bando):
1) i magistrati ordinari nominati a seguito di concorso per esame, che abbiano superato 18 mesi di tirocinio conseguendo una valutazione positiva di idoneità, ed i magistrati contabili e della giustizia militare di qualifica equiparata;
2) gli avvocati dello Stato e i procuratori dello Stato alla seconda classe di stipendio;
3) i dipendenti dello Stato, muniti della laurea in giurisprudenza, conseguita al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, con qualifica dirigenziale o appartenenti alle posizioni funzionali per l’accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea, ivi compresi i militari appartenenti al ruolo ufficiali, con almeno cinque anni di anzianità’ di servizio maturati anche cumulativamente nelle suddette categorie;
4) il personale docente di ruolo delle università nelle materie giuridiche e i ricercatori i quali abbiano maturato almeno cinque anni di servizio;
5) i dipendenti delle regioni, degli enti pubblici a carattere nazionale e degli enti locali, muniti della laurea in giurisprudenza conseguita al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, assunti attraverso concorsi pubblici ed appartenenti alla qualifica dirigenziale o a quelle per l’accesso alle quali è richiesto il possesso della laurea, con almeno cinque anni di anzianità maturati, anche cumulativamente, nelle predette qualifiche;
6) gli avvocati iscritti all’albo da otto anni;
7) i consiglieri regionali, provinciali e comunali, muniti della laurea in giurisprudenza, che abbiano esercitato le funzioni per almeno cinque anni o, comunque, per un intero mandato.
Le anzianità di cui ai precedenti punti, possono essere valutate “anche cumulativamente, prendendo come requisito temporale minimo quello più lungo riferito alle varie categorie fatte valere dal candidato”.
Orbene, tralasciando di commentare la bontà o meno della selezione legislativa delle categorie (certo, appare peculiare l’inserimento dei consiglieri regionali funzionale solo a rimarcare la “regionalità” dei tribunali amministrativi), va solo precisato che la complessa locuzione relativa ai funzionari della P.A. (sub 3) si riferisce ai funzionari della (ex) carriera cd. direttiva; peraltro, lo sforzo di adeguare i bandi ai cambiamenti normativi rispetto a una legge che si riferisce a qualifiche non più attuali negli ordinamenti di provenienza (ad es., la legge ancora parla di “magistrato di tribunale”, qualifica soppressa con la modifica dell’ordinamento giudiziario) può generare incertezze applicative di non poco momento.
Tra le significative novità degli ultimi anni, va considerato che – all’esito delle modifiche apportate all’art. 18 del D.P.R. n. 214/1973 (regolamento di esecuzione della L. 6 dicembre 1971, n. 1034, istitutiva dei tribunali amministrativi regionali) da parte del D.P.R. 132/2017 – non è più richiesto il raggiungimento del punteggio minimo di 25 per i titoli al fine di accedere al concorso. La valutazione dei titoli è effettuata, ora, solo nei confronti dei candidati che abbiano consegnato le tre prove scritte e non ai fini dell’ammissione ma solo per solo fine di determinare il punteggio finale.
La modifica regolamentare, finalizzata principalmente a velocizzare la procedura concorsuale (in passato, assai lunga proprio nella fase di valutazione dei titoli) ha reso, di fatto, più agevole la partecipazione al concorso. In passato, infatti, la predisposizione dei criteri di valutazione dei titoli era rimessa alla discrezionalità della commissione e tanto determinava una certa variabilità da concorso a concorso già ai fini dell’ammissione alle prove scritte. Per comprendere quanto fosse cruciale il momento della valutazione dei titoli ai fini dell’ammissione, basti dire che, pur rari, non sono mancati casi in cui, da un concorso all’altro, il medesimo candidato sia stato ammesso allo ‘scritto’ di un concorso e non ammesso a quello successivo, nonostante che l’anzianità relativa al “titolo” di ammissione (anzianità di servizio quale funzionario della P.A., ad esempio) fosse, evidentemente, aumentata. Come si è detto, tale possibilità è oggi esclusa in radice: chi abbia il requisito minimo di partecipazione sarà senz’altro ammesso allo scritto (salvo la ricorrenza di circostanze ostative di altro tipo).
I titoli – non più fondamentali ai fini dell’ammissione – sono, quindi, valutati successivamente alla celebrazione delle prove scritte e solo con riferimento a chi abbia consegnato i quattro elaborati. Chi superi le prove scritte e orali, quindi, vedrà il proprio punteggio incrementato in funzione dei titoli posseduti. Occorre precisare che i criteri di valutazione dei titoli sono oggi pubblicati unitamente al bando seguendo le indicazioni fornite dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa con delibera del 27 gennaio 2017.
I titoli incidono in maniera significativa sulla graduatoria finale che, a propria volta, incide molto sulla carriera in quanto determina, nell’immediato, la sede di servizio (più si è in alto in graduatoria, maggiori sono le possibilità di scelta) e, nel futuro (anche remoto), le possibilità di carriera ‘funzionale’ (per l’accesso alle Presidenze di Sezione e di Tribunale) dipendenti – come sopra descritto – in massima parte proprio dall’anzianità di servizio.
Le prove scritte
Le prove scritte, è noto, sono, in ordine di importanza, le seguenti:
- diritto amministrativo (prova pratica).
- diritto amministrativo (tema);
- diritto privato (tema);
- scienza delle finanze e diritto finanziario (tema).
Il tema di amministrativo e la prova pratica, consistente nella redazione di una sentenza, sono fondamentali e, se fallite, determinano la sicura bocciatura; il tema di diritto civile è pur importante anche se meno delle prime due prove, mentre il tema di scienza delle finanze e diritto finanziario, salvo eccezioni, si traduce in una traccia sui principi generali del diritto tributario e pesa molto meno ai fini del superamento della prova.
Da segnalare il meccanismo della cd. tagliola di cui all’art. 19 co. 4 del D.P.R. n. 214/1973 (introdotto dal citato D.P.R. n. 132/2017) secondo cui la valutazione inferiore a trentacinque cinquantesimi (voto minimo) di una delle prove impedisce la valutazione delle altre; tale innovazione, sempre volta a velocizzare il concorso, preclude alle commissioni di operare una valutazione complessiva delle quattro prove, il che rende ancor più difficile e selettivo il concorso. L’ordine di correzione è determinato dalla commissione; avrà, quindi, un maggior peso la materia oggetto delle prime prove (in genere, il diritto amministrativo[11]).
Lo studio per il concorso al T.A.R. è assai faticoso e richiede tempo e dedizione.
Il diritto amministrativo va conosciuto più che bene e non basta lo studio dei manuali che, classicamente, si consigliano per il concorso in Magistratura. Occorre un più marcato approfondimento di tipo casistico (la prova pratica riguarda spesso casi di grande attualità giurisprudenziale) e, soprattutto per chi non è già magistrato, è necessario esercitarsi nella redazione della Sentenza (con le relative “complicazioni” procedurali).
Per il diritto civile, occorre una preparazione comparabile a quella che serve per superare il concorso in Magistratura (ordinaria).
Il tema di scienza delle finanze e di diritto finanziario si traduce, di solito, in un tema di diritto tributario; in materia, occorre una buona preparazione di tipo manualistico che, se possibile, si rivolga anche alla parte speciale (singoli tributi). Può essere utile anche studiare qualche nozione di scienza delle finanze.
Per quanto sia meno importante, il tema di diritto tributario va comunque scritto e, vista la minore vastità della materia, se non si ha una preparazione almeno sufficiente, si rischia il foglio ‘bianco’ (o quasi) che determina una sicura bocciatura (per un commento sulla proposta di abolizione della prova in scienza delle finanze e diritto tributario emersa nel dibattito relativo al PNRR 2021, v. A. Levato, Prospettive di riforma del concorso al T.a.r., tra necessità di snellimento della procedura ed esigenze di garanzia della qualità della selezione).
La prova orale
L’orale presenta difficoltà, spesso insospettate. La vulgata vuole che il grosso della fatica sia nel superamento dello scritto e che non sia poi così difficile passare indenni la prova orale.
Quest’ultima asserzione è semplicistica e, come tale, inesatta. In realtà, l’orale è una prova massacrante che richiede moltissimo studio concentrato in poco tempo e nervi saldi.
Per cominciare, diamo uno sguardo alle materie:
- diritto amministrativo;
- diritto privato;
- scienza delle finanze e diritto finanziario;
- diritto costituzionale;
- diritto penale;
- diritto processuale civile
- diritto processuale penale;
- diritto internazionale pubblico;
- diritto internazionale privato;
- diritto del lavoro;
- economia politica.
Come vedete il totale è di ben undici materie (ma l’economia politica, di solito, viene diluita nella scienza delle finanze/diritto finanziario/diritto tributario) che vanno conosciute a un livello analogo a quello che occorre per superare, con buon voto, un esame universitario. Infatti, la commissione estrae una domanda per ciascuna materia e il candidato deve tentare di dare una risposta quanto più accurata è possibile. La ‘scena muta’ in una qualsiasi delle materie determina una quasi certa bocciatura. Parimenti, si rischia la bocciatura nel caso in cui si diano, in più materie, risposte poco precise o errate (ovviamente, il peso di un errore in diritto amministrativo sarà maggiore di quello di eventuali errori in altre materie).
Quanto tempo si ha a disposizione? Pochissimo, è prescritto che la comunicazione avvenga almeno venti giorni prima dell’esame. Negli ultimi concorsi, dalla notizia del superamento dello scritto alla prova orale, sono trascorsi dai 45 ai 90 giorni, senza alcuna possibilità di dilazione in quanto le prove si concludono in pochi giorni.
La bocciatura, ciò nonostante, è un evento poco probabile, ma nel senso che, tra una rosa di persone con capacità e preparazione sufficienti a superare la prova scritta, c’è sempre una quota di bocciati che può arrivare al trenta per cento degli ammessi (nel mio concorso, i cui orali si celebrarono nel 2007, furono bocciati circa il 20% degli ammessi: 6 su 38).
Quando si ha notizia del superamento delle prove scritte, non si deve quindi festeggiare, ma anzi è opportuno organizzarsi immediatamente per un paio di mesi di studio ‘matto e disperatissimo’ da conciliare, peraltro, con l’ordinaria attività lavorativa (se si ha la possibilità, è meglio sospenderla, chiedendo un periodo di aspettativa).
Conclusioni
Questo breve scritto, evidentemente, non ha alcuna pretesa di esaustività e intende solo fornire una prima, generale, idea della preparazione del concorso al T.A.R.
Difatti, il concorso al T.A.R. è un’opzione che, per individui dotati di buone capacità e volontà, è difficile ma – mi si perdoni la litote – non impossibile.
Dopotutto, se è vero che i posti messi a concorso sono relativamente pochi (nell’ultimo decennio si è variato, dai 30 posti del concorso bandito nel 2010 al record di ben 70 posti del concorso bandito nel 2017), è anche da considerare che la platea dei partecipanti, in virtù degli stringenti criteri di selezione, è ristretta e, quindi, le possibilità di vittoria non sono così remote come si potrebbe immaginare.
Peraltro, la estrema selettività del concorso, riferibile alla prova scritta come alla prova orale, è confermata dalla costante impossibilità di coprire i posti messi a concorso. Si pensi che il concorso bandito nel 2017 per 50 posti, poi portato a ben 70 posti, ha visto ammessi alle prove scritte solo 37 candidati, mentre il concorso del 2014, a 45 posti, ha consentito solo 40 assunzioni all’esito delle numerose bocciature alla prova orale (pari a oltre il 10% di coloro che avevano superato gli scritti). Non mi resta che augurarvi in bocca al lupo e buono studio.
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[1] Giudice amministrativo in servizio presso il T.A.R. di Napoli, già segretario generale dell’ANMA.
[2] Oggi il riferimento va operato con riferimento alle quadriennali valutazioni di professionalità. Quindi, il “magistrato di tribunale dopo tre anni” equivale al magistrato alla prima valutazione di professionalità (ora bastano 4 anziché 5 anni), il magistrato di appello equivale a tre valutazioni di professionalità (più un anno) e il livello di Magistrato di Cassazione equivale alla quinta valutazione di professionalità.
[3] Per i criteri di accesso si rimanda ai paragrafi successivi.
[4] Nel momento in cui si scrive questo articolo, non sono stati ancora celebrati gli esami orali.
[5] Vedi Serrao P., La composizione della magistratura togata, in Giustizia insieme (ISSN:2036-5993), 17.11.2018, reperibile al link: https://www.giustiziainsieme.it/it/il-magistrato/499-la-composizione-della-magistratura-togata-oggi .
[6] Si allude al caso del cd. dress code richiesto a talune discenti di un corso per la preparazione al concorso in magistratura ordinaria da parte di un consigliere di stato, poi, radiato in sede disciplinare.
[7] Art. 107 co. 3 Cost.: “i magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni”.
[8] Della questione si è occupata anche la Corte costituzionale che, con Sentenza n. 273/2011, ha sostanzialmente confermato la legittimità costituzionale della separazione dei ruoli.
[9] L’art. 19 n.1 della L. 186/1982 prevede che possano essere nominati consiglieri di stato i consiglieri di T.A.R. con almeno quattro anni di anzianità nella qualifica medesima (la qualifica di consigliere di T.A.R. viene conseguita dopo otto anni dalla nomina a referendario).
[10] Da poche settimane, sono stati favorevolmente scrutinati, per il passaggio al Consiglio di Stato, i consiglieri di T.A.R. assunti nell’ottobre del 2007.
[11] Nell’ultimo scritto – che si è celebrato nel 2020 – l’ordine delle prove è stato: tema di diritto amministrativo; tema di diritto civile; prova pratica di diritto amministrativo; tema di scienza delle finanze e diritto finanziario.