di Luca Cestaro[*]
Non è il giudice amministrativo a rallentare gli appalti
La G.A. come Malaussène delle istituzioni
Una ricorrente prospettazione, fatta propria dai “media” oltre che da alcuni politici, è che le opere pubbliche siano ferme per “colpa” della Giustizia Amministrativa.
L’Associazione nazionale dei magistrati amministrativi, se coinvolta nell’attività conoscitiva delle Camere o dal Governo, si è impegnata per smentire tale inesatta asserzione e così tutta l’Istituzione-G.A. grazie agli interventi dei propri rappresentati sulla stampa e nel corso delle cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario nonché mediante la diffusione di corrette informazioni mediante i propri siti istituzionali e l’attività dell’Ufficio stampa.
La falsa credenza che sia soprattutto il giudice amministrativo a bloccare gli appalti è, tuttavia, persistente e tanto è determinato dalla evidente comodità di una simile asserzione.
In questo senso, la giustizia amministrativo è un ideale capro espiatorio di problemi che risiedono, per lo più, altrove. Una sorta di Malaussène[1] delle altre istituzioni, incapaci di trovare le soluzioni di problemi che sono, invece, legati alla farraginosità delle procedure, alla complessità delle leggi, all’inadeguatezza di alcune Stazioni appaltanti, alla tendenza a risparmiare oltre, forse, quello che sarebbe necessario per ottenere prestazioni all’altezza.
Non è questa la sede per interrogarsi sul corto circuito, tipico del nostro Paese, nel quale il timore che nella discrezionalità si annidi il seme della corruzione o dello spreco, produce un sistema di regole tanto complesso e tanto denso di vincoli e di controlli da rendere difficile l’efficiente esplicazione dell’attività che si intende “controllare”. Si tratta, probabilmente, di uno dei frutti del livello di fiducia negli altri che, sebbene in crescita, resta “molto basso” particolarmente nel Centro e nel Sud[2].
La irragionevolezza della diffidenza per la tutela giurisdizionale
In primo luogo, occorre sottolineare come la diffidenza nei confronti del controllo giurisdizionale sia apertamente contraddittoria con la volontà politica di limitare i fenomeni corruttivi così come le inefficienze e gli sprechi. Il controllo di legalità delle procedure di gara offerto da un’Autorità giurisdizionale – come tale, terza e imparziale – qual è il giudice amministrativo è, infatti, uno dei principali ostacoli alla commissione di illeciti nell’ambito delle procedure di gara; questi ultimi, infatti, spesso, si traducono in atti adottati in violazione la legge o frutto di valutazioni manifestamente irragionevoli, atti che, in quanto tali, possono essere impugnati e annullati dal giudice amministrativo.
Orbene, non si vede come l’abolizione – peraltro, impossibile nel quadro dell’ordinamento comunitario e costituzionale – o la riduzione dell’efficacia del controllo giurisdizionale possa sposarsi con la perdurante (e condivisibile) volontà di limitare i fenomeni di mala amministrazione.
In secondo luogo, è opportuno rammentare che il giudizio amministrativo resta un giudizio di parti, basato su interessi individuali, e che – salve alcune eccezioni relative alla speciale legittimazione di alcune Autorità Indipendenti – non esiste una parte pubblica che possa sollecitare l’intervento del giudice amministrativo, come avviene, invece, nel settore penale.
A insorgere contro gli atti della pubblica amministrazione, quindi, sono le imprese e i cittadini che lamentino l’illegittimità dell’azione amministrativa. La diffidenza nei confronti del giudice amministrativo si traduce, quindi, nell’ostilità ai cittadini che a esso facciano ricorso. Talvolta, nella mia personale esperienza, mi è capitato di sentire esponenti politici che hanno, con commendevole candore, rivelato come il problema non sia tanto nel giudice amministrativo, quanto in coloro che vi fanno ricorso ossia, appunto, i cittadini che intendano opporsi a un’azione amministrativa che reputano illegittima.
Sennonché, l’idea che la pubblica amministrazione possa affidare appalti e forniture senza che i partecipanti possano contestare l’operato delle stazioni appaltanti è non solo poco “informata” (per la descritta incompatibilità di tale modo di ragionare con l’ordinamento costituzionale e comunitario), ma anche incompatibile con una forma di governo improntata ai principi di separazione di poteri e di legalità, principi che impongono un controllo giurisdizionale in merito alla conformità a legge degli atti della pubblica amministrazione.
La rapidità del processo amministrativo in tema di appalti: i dati.
Va detto che il legislatore interviene continuamente sul processo degli appalti così da dar un seguito alle dichiarazioni secondo cui sarebbe il processo a rallentare le opere pubbliche.
Il risultato è, comunque, positivo ossia quello di un processo scandito da termini estremamente brevi e che culmina in decisioni “semplificate”.
Le definizioni legislative, tuttavia, non valgono a elidere la naturale complessità della materia e, come si lamenta da più fronti, l’eccessiva abbreviazione e l’imposizione della motivazione semplificata rischiano di tradursi in una inaccettabile sommarizzazione del processo; esso, per rispettare tempi ulteriormente contingentati, potrebbe diventare meno accurato, esito che non è accettabile nell’ottica di fornire una tutela piena ed effettiva.
L’Associazione nazionale magistrati amministrativi – più volte e, di recente, in sede di audizione al Senato dalla Repubblica- ha espresso queste ed altre considerazioni in rapporto alle modifiche che si intendeva apportare al codice del processo amministrativo con il cd. decreto semplificazioni (d.d.l. 1883 tradottosi nel D.L. 76/2020, convertito con L. n. 120/2020).
La durata del giudizio di merito
L’analisi dei dati riportati nel documento prodotto al Senato[3], qui aggiornati al 2020, evidenzia la rapidità del giudizio in materia di appalti che in appena sette anni ha visto ridurre i propri tempi di quasi due terzi.
Nel 2013, i tempi medi di definizione in primo e secondo grado erano, rispettivamente, di 331 e di 469 giorni; nel 2020, in coerenza con la costante tendenza alla diminuzione dell’ultimo decennio, i giudizi in tema di appalti instaurati presso i T.A.R. si sono conclusi (sempre in media) in 113 giorni e gli appelli al C.d.S. in 182 giorni. I processi nel settore degli appalti pubblici si concludono, quindi, in media, in meno di dieci mesi considerando entrambi i gradi di giudizio, dato che pone il contenzioso amministrativo in materia su un livello di assoluta eccellenza.
La durata del giudizio cautelare
Il dato appena riportato già basterebbe a smentire l’opinione di chi individua nel processo amministrativo la principale causa del rallentamento delle opere pubbliche.
L’inesattezza di tale opinione diviene ancor più evidente quando si passi a valutare la durata del giudizio cautelare. Tale elemento è di estrema importanza in quanto il preteso “blocco” della procedura di gara si concretizzerebbe proprio nella fase cautelare; com’è noto, se il giudice amministrativo non sospende gli atti di gara, essa può (e dovrebbe) proseguire senza attendere la, pur sollecita, definizione del giudizio di merito.
Ebbene, il giudizio cautelare si esaurisce in appena 30 giorni in primo grado e in 42 giorni in secondo grado (dati del 2020). Considerata la necessità di rispettare i termini processuali, comunque dimezzati nella materia degli appalti, il dato è ottimo in quanto, in poco più di due mesi del deposito del ricorso, la Giustizia amministrativa esaurisce la fase cautelare consentendo alla Stazione appaltante di proseguire la gara.
La minima incidenza dei ricorsi sul numero complessivo delle gare
In merito, stante l’assenza di dati aggiornati, ci si può limitare a riportare quanto descritto nel documento depositato al Senato nel luglio del 2020.
L’analisi di impatto del contenzioso amministrativo in materia di appalti nel biennio 2017/2018[4] evidenzia che l’impugnativa giurisdizionale ha riguardato una percentuale minima delle procedure di gara bandite dalle amministrazioni centrali e locali; in particolare, la percentuale di ricorsi, in rapporto al numero complessivo delle gare bandite, è stata dell’1,4% nel 2017 e dell’ 1,5% nel 2018 (nel biennio precedente era stata del 2,61% e del 2,76%).
Negli stessi anni, nell’ambito dei ricorsi presentati nella misura appena indicata, le ordinanze con effetto sospensivo della procedura sono state pari al 28,6% nel 2017 (rispetto all’1,4% delle procedure oggetto di impugnativa) e al 16% nel 2018 (rispetto all’1,5% delle procedure oggetto di impugnativa). Analizzando anche il contenzioso cautelare in appello, la percentuale di appalti ritardati da sospensive con effetto ‘bloccante’ è stata dello 0,35%, nel 2017, e dello 0,32%, nel 2018.
Va puntualizzato che il dato evidenzia, altresì, la ridotta incidenza della cd. sospensiva impropria, che comprende i casi in cui la mera pendenza di un ricorso induce l’amministrazione a sospendere prudenzialmente la procedura anche senza che il giudice amministrativo abbia disposto in tal senso.
Attesa la bassa percentuale di gare oggetto di ricorso, la sospensiva impropria riguarderebbe, comunque, una percentuale minima delle procedure di gara (l’1,4% e l’1,5% come sopra indicato a cui va detratto lo 0,35% e lo 0,32% di sospensive disposte dal giudice rispettivamente per il 2017 e per il 2018). In ogni caso, l’art. 4 co. 1 lett. b del D.L. n. 76/2020 ha inteso limitare tale fenomeno (“Non costituisce giustificazione adeguata per la mancata stipulazione del contratto nel termine previsto, salvo quanto previsto dai commi 9 e 11, la pendenza di un ricorso giurisdizionale, nel cui ambito non sia stata disposta o inibita la stipulazione del contratto. Le stazioni appaltanti hanno facoltà di stipulare contratti di assicurazione della propria responsabilità civile derivante dalla conclusione del contratto e dalla prosecuzione o sospensione della sua esecuzione”).
I fattori di rallentamento delle opere pubbliche
I dati appena riportati e gli studi più accreditati hanno dimostrato che i ritardi nelle procedure di gara e, in particolare, nei lavori pubblici non sono imputabili al contenzioso amministrativo.
È bene precisare che di norma il contenzioso incide, nella misura minima prima descritta, sulla fase dell’affidamento e non, invece, su quella della progettazione e dell’esecuzione
Il rapporto sui tempi di attuazione delle opere pubbliche, predisposto nel 2018 dall’ Agenzia per la coesione territoriale[5], evidenzia che la fase dell’affidamento occupa, in media, pochi mesi (massimo 7) mentre sono molto più dilatati i tempi della progettazione e dell’esecuzione (che possono, in alcuni settori, arrivare a un massimo di 3 anni e 4 mesi per la progettazione e di 2 anni e 5 mesi per l’esecuzione). Nello stesso lavoro si segnala come i “tempi di attraversamento” – “riconducibili ad un insieme di attività prevalentemente amministrative necessarie per la prosecuzione del percorso attuativo di un’opera” – ossia quelli di passaggio da una fase all’altra (es. dalla progettazione all’affidamento) siano intollerabilmente lunghi. Anche rispetto a essi, peraltro, va notato che il tempo di attraversamento tra affidamento ed esecuzione – quello su cui, in prima approssimazione, inciderebbe il contenzioso amministrativo – è quello con la minore incidenza[6]
Ad analogo risultato è pervenuto uno studio condotto per la Banca d’Italia nel dicembre 2019[7].
Il dato è, del resto, evidente agli studiosi e agli operatori del settore, com’è dimostrato da numerose prese di posizione in tal senso[8]; la stessa ANCE (associazione nazionale costruttori edili) evidenzia che appena il 6% delle gare accuserebbe ritardi in relazione al contenzioso amministrativo con un dato da ritenersi, peraltro, sovrastimato (si veda ancora la richiamata analisi di impatto del contenzioso amministrativo in tema di appalti – biennio 2017/2018, p. 28).
Conclusioni
Esula dagli scopi di questo scritto indicare le possibili soluzioni per abbreviare ulteriormente i tempi dei giudizi o per evitare le (ben più incisive) lungaggini delle procedure[9]. Tuttavia, una prima indicazione concreta potrebbe essere proprio quella di sgombrare il campo dalla falsa credenza di cui si è trattato. Essa, secondo cui il contenzioso davanti al giudice amministrativo è il prevalente fattore di rallentamento dei lavori pubblici, impedisce di evidenziare adeguatamente i problemi e, quindi, di porvi rimedio con efficacia.
Considerato che è ineludibile ridurre i tempi delle opere pubbliche per evitare la prospettiva –disastrosa – di perdere i fondi del cd. Recovery plan[10], già concentrarsi sui veri problemi potrebbe costituire un buon inizio.
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[*] Giudice amministrativo in servizio presso il T.A.R. di Napoli, già segretario generale dell’ANMA.
[1] Il protagonista dei romanzi di Daniel Pennac che, per mestiere, opera quale “capro espiatorio” di un grande magazzino e, poi, di una casa editrice.
[2] Così l’ISTAT nei propri rapporti sul benessere equo e sostenibile; il rapporto per il 2020 si trova al link https://www.istat.it/it/archivio/254761.
[3] Il documento depositato, di cui sono stato estensore quale – all’epoca- segretario generale dell’Associazione, è reperibile al link: https://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg18/attachments/documento_evento_procedura_commissione/files/000/180/701/ANMA.pdf
[4] Lo studio è stato redatto dall’Ufficio di statistica del Consiglio di Stato, in collaborazione con l’Autorità Nazionale Anticorruzione ed è reperibile sul sito dell’ANAC al link https://www.anticorruzione.it/portal/rest/jcr/repository/collaboration/Digital%20Assets/anacdocs/Attivita/Pubblicazioni/RapportiStudi/CdS.Appalti.analisi.impatto.contenzioso.amministrativo.2017.2018.pdf
[5] V. il Rapporto sui tempi di attuazione delle opere pubbliche reperibile sul sito istituzionale dell’agenzia per la coesione territoriale al link: https://www.agenziacoesione.gov.it/wp-content/uploads/2020/11/Rapporto_Tempi_OOPP_2018.pdf
[6] V. il Rapporto sui tempi di attuazione delle opere pubbliche, cit., pp. 17-18.
[7] C. Carlucci, C. Giorgiantonio e T. Orlando Tempi di realizzazione delle opere pubbliche e loro determinanti in Questioni di Economia e Finanza Numero 538 – Dicembre 2019.
[8] Tra le molte prese di posizione, si veda le chiare dichiarazioni in tal senso rese dall’ing. Salini nella puntata del “Porta a porta” (RAIUNO) del 23 aprile 2020 o ancora l’intervento del prof. M. Clarich, Cantieri in ritardo e appalti bloccati, l’alibi delle sentenze in Guida al diritto n. 47 del 16 novembre 2019.
[9] Per alcuni spunti in tal senso, v. Cacciari A., La realizzazione delle opere pubbliche, il contenzioso sugli appalti e l’economia, sezione studi e approfondimenti del sito www.giustizia-amministrativa.it
[10] Bianchi A., Colaizzo R., Di Michele A.V., La realizzazione delle opere pubbliche nel Recovery Plan in Amministrazione in cammino ISSN 2038-3711, 19 marzo 2021, reperibile al link https://www.amministrazioneincammino.luiss.it/wp-content/uploads/2021/03/BIANCHI-COLAIZZO-DI-MICHELE.pdf